Immortalità dell’anima e resurrezione della carne

Nel pensiero di Antonella, l’esperienza mistico-contemplativa conduce alla guarigione interiore, la santificazione della vita terrena. La fioritura, attraverso cui l’amore, l’esperienza di Dio si incarna in noi, si imprime nel nostro essere: è necessario che tutto l’essere si trasformi in luce e amore.

Il processo di incarnazione richiede la maturità dei tempi e si attualizza pienamente nell’umanità di Gesù, per espandersi verso tutti come potenzialità.

Antonella spiega in diverse occasioni che la teologia cristiana non parla di immortalità dell’anima, come nella filosofia platonica, ma di risurrezione dei corpi.

Non è il ritorno indietro dell’anima per rifondersi nell’assoluto, ma un ritornare indietro che sostiene il percorso in avanti: il percorso di santificazione. Incarnazione, morte, risurrezione di Gesù divengono il paradigma di questo processo di liberazione. C’è una distanza che deve essere consumata.

“In questo senso il cristianesimo sposta l’asse dall’immortalità dell’anima alla resurrezione/ trasfigurazione dei corpi. La resurrezione è la potenza luminosa che attrae verso di sé gli esseri viventi, li attrae nell’unità dello spirito, nell’amore […] La realtà fisica e psichica appartengono all’atto creativo, devono entrare nella trasformazione. Quando l’umanità accoglie in pienezza la divinità, si trasfigura, si libera dalle catene dell’inganno, dalla cecità che è morte spirituale” (Antonella Lumini, Memoria profonda e risveglio, p. 154).

Il compimento escatologico non consiste in un ritorno a uno stato edenico ma in un avanzamento verso la piena realizzazione del Regno di Dio attraverso la trasformazione dell’umanità in Cristo. Trasformazione che è resurrezione, risveglio nel qui e ora dello stato spazio-temporale in cui siamo immersi nella quotidianità.