Vorrei qui introdurre un parallelo, senza entrare nel dettaglio, tra un verso sanscrito del pavamāna abhyāroha, inno sacro che si trova nella Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad (1.3.28), e Giovanni 14,6. L’inno fa parte delle più antiche e importanti Upaniṣad, parte integrante del corpus dei testi vedici. La Bṛhadāraṇyaka (da bṛhat = grande e āraṇyaka = foresta), è collegata agli insegnamenti esoterici e contemplativi trasmessi nei ritiri forestali (āranyakas). Questo testo viene collocato in genere intorno al V secolo a.C. La Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad è un trattato filosofico ma anche un testo di profonda spiritualità, che invita alla riflessione esistenziale e alla realizzazione del Sé come via per la liberazione. La Bṛhadāraṇyaka, una delle più lunghe e profonde tra i testi che compongono le Upaniṣad, esplora il concetto di ātman (sé) e brahman (assoluto), sottolineando che la liberazione (mokṣa) si raggiunge attraverso la conoscenza del Sé. La Bṛhadāraṇyaka chiarisce che l’ātman (Sé individuale) è identico al brahman (principio universale). Questa visione non-dualista (advaita) è alla base del pensiero vedantico. Mokṣa (liberazione): la conoscenza del Sé come identico al Tutto porta alla liberazione dal ciclo di nascita e morte (saṃsāra).
असतो मा सद्गमय।
तमसो मा ज्योतिर्गमय।
मृत्योर्माऽमृतं गमय।
Translitterato: asato mā sad gamaya, tamaso mā jyotir gamaya, mṛtyor mā’mṛtaṁ gamaya
Mia traduzione: “Conducimi dall’illusione alla verità, dalle tenebre alla luce, dalla morte a ciò che è oltre la morte”.
Vediamo adesso Giovanni 14,6:
Ἐγώ εἰμι ἡ ὁδὸς καὶ ἡ ἀλήθεια καὶ ἡ ζωή
Io sono la via, la verità e la vita
Queste citazioni sono anche un’opportunità per andare ad analizzare, in un prossimo articolo sotto la sezione Linguistica, il termine greco ἀλήθεια (“verità”) e ricostruire il termine morte.